Le ultime dalla natura

La ricerca floristica nel territorio di Lucoli nel 2010 e nel 2011                                            marzo 2012


Siamo all'inizio di una nuova stagione floristica. Fra qualche settimana sarà primavera e dopo le intense nevicate delle settimane scorse la natura comincia a svegliarsi.
E’ il momento giusto quindi per tirare le somme del lavoro svolto in questi ultimi due anni di indagini e ricerca botanica, a partire dal raduno Acta plantarum tenutosi a Lucoli nel maggio 2010 che per noi è stato un evento eccezionale, non solo per quanto abbiamo imparato dai botanici e dagli amici del forum, ma soprattutto per l’aspetto umano che esso ha avuto .
Oltre alla competenza e all’esperienza, sono stati giorni di festa di cui siamo orgogliosi ed onorati.
Ci siamo ricaricati per ripartire alla scoperta di nuove conoscenze, memori anche di errori che avevamo commesso in alcune valutazioni e diagnosi, tipiche di chi non affronta la materia da professionista, ma da appassionato al quale mancano per forza di cose alcune basi essenziali.
Questi due anni hanno segnato una svolta importante. Se prima la ricerca era svolta essenzialmente nella frenesia di nuove scoperte, non solo di specie ma anche degli habitat e dei luoghi, in questi ultimi due anni la ricerca è stata mirata.
Abbiamo voluto fare una pausa di riflessione e verifica.
E’ stata studiata la correlazione fra specie ed habitat, compreso il clima, l’altitudine, il terreno.
La ricerca mirata ha evidenziato in maniera ancora più marcata la unicità ed importanza che riveste l’altopiano di Campo Felice. La correlazione che esiste fra la torbiera e quindi l’antico letto lacustre ed il suo contorno costituito da rilievi, brecciai, boschi, colline moreniche aride, rupi. Insignificanti scorrimenti acquiferi, che vanno a comporre un microclima e micro habitat straordinariamente ricco di specie vegetali ed animali sopravvissute nei secoli in un equilibrio precario ma perfetto. E il tutto concentrato in pochi km quadrati
In questi due anni, abbiamo verificato l’esattezza di quello che prima avevamo solo sgrossato, corretto molti errori e confermato molte supposizioni.
Possiamo orgogliosamente affermare che in questi due anni siamo cresciuti ed abbiamo imparato molto; sono state determinate 195 nuove specie (55 durante il suddetto raduno), di cui:
49 rare a livello regionale.
17 inserite nelle liste rosse regionali delle specie a rischio.
7 endemiche.
E’ stato arricchito ulteriormente l’erbario che a questo punto dovrebbe essere composto di circa 1500 fogli e rappresenta una campionatura e testimonianza storica di tutta la flora non solo di Lucoli, ma considerandolo parte integrale di quello del CRFA. Esso rappresenta tutta la zona montuosa di media ed alta quota della catena Velino-Sirente- Orsello.
L’erbario è in fase di determinazione e comprende probabilmente ancora molte specie nuove per il territorio.

Abbiamo verificato la diffusione della specie di interesse prioritario Klasea lycopifolia e trovato nuovi popolamenti, ma tutti nella stessa zona. Al momento è in fase di espansione con circa 400-500 individui. Rimane comunque specie molto rara e a rischio di estinzione, in quanto parte della sua colonia è lambita dalla bretella della galleria ed alcuni individui sono già stati distrutti. Quasi tutti gli altri si trovano sulla linea interessata dalla ipotetica variante che andrà a ricongiungersi allo svincolo. Se ciò dovesse avvenire, la specie scomparirà dall’altipiano.

Abbiamo verificato l’area di crescita del Sedum nevadense che si estende per circa 10000 mq. Questa specie è assai delicata ed incostante nella fioritura e vegetazione, ed è a nostro giudizio ad altissimo rischio di estinzione. Per esso vale lo stesso discorso della specie precedente anche se, fortunatamente, non è stato toccato dai lavori della galleria ma nel caso in cui si realizzi la bretella, anche esso scomparirebbe per sempre dall’altipiano e quindi dall’Italia.

Artemisia atrata è una specie con areale allargato a tutto il piano di scarpa di monte Cefalone.
E’ specie stabile, tendente al regresso, strettamente legata all’habitat di torbiera. Solo in rari casi, risale per pochi metri sulla costa di M Cefalone. A causa degli interventi antropici e devastanti della galleria a Sud Est e gli interventi altrettanto devastanti legati al cento turistico La Vecchia Miniera a Nord Est che ne hanno già distrutto alcune colonie, l’area di questa rarissima specie, unica sull’appennino, si è ristretta di molti ha.

Una intensificazione della ricerca, c’è stata soprattutto nella valle del Rio e nelle zone umide a valle di essa, dove sono state determinate in particolare, Achillea nobilis, Carex flacca, Carex halleriana, Carex otrube, Carex acutiformis, Carex panicea, Carex hirta, Cirsium palustre, Centaurium pulchellum subp. pulchellum, Cucubalus baccifer, Epilobium lanceolatum, Equisetum palustre, Euphorbia falcata subsp. falcata, Filago germanica, Galeopsis pubescens subsp. pubescens, Lemna minuta, Melilotus neapolitanus, Nepeta cataria, Ophrys fusca, Rosa sempervirens, Rubia tinctorum, Satureja hortensis, Thymus longicaulis, Veronica agrestis, Veronica praecox, Vicia peregrina.
Studiando questa zona, abbiamo notato una buona diffusione di Scrophularia umbrosa che prima avevamo considerato RR nella nostra zona mentre ora è da noi comune nel suo habitat tipico.
Tra le zone aride e rocciose a base calcarea, si è rivelata interessante e ricca di specie tipiche tutta la zona che, delimitata alla base dalla statale 584, parte da Casavecchia fino a Collefracido ed arriva fino al confine con L’Aquila a Nord e Colle ad Est.
Con particolare nota per le vallette di scolo di Valle Maggiore dove abbiamo rinvenuto:
Viola kitaibeliana, Sedum caespitosum, Thymus glabrescens subsp. decipiens, Lens nigricans, Minuartia glomerata subsp. trichocalicyna, Eryngium campestre, splendide colonie di Ophrys bertolonii ed Ophrys fusca.
Dobbiamo anche dire però che non sappiamo molto sulla zona che da monte Munito arriva ai confini con Tornimparte fino alla galleria San Rocco. A quest’area, verrà dedicata maggiore attenzione nella prossima stagione vegetativa, visto che alcune zone sono ancora pressoché sconosciute.
Lo stesso discorso vale per tutto il versante Sud di Monte Orsello, zona ricca di brecce e rupi, con alcune fasce boschive, piccoli brecciai e piccoli affioramenti acquiferi che potrebbero ancora nascondere delle gradite sorprese.
Nella valle a ridosso di Casamaina, abbiamo scoperto una ricca colonia di Ribes alpino e la presenza di Thalictrum aquilegiifolium, che a questo punto vengono considerati non più rari ma poco comuni nella nostra zona.
Quest’area è ricca di specie e, considerata la posizione, ha un buon valore paesaggistico che andrebbe valorizzato. Purtroppo tutto il vallone è fortemente inquinato a livello quasi di discarica.
Nella zona di alta quota sono state fatte diverse esplorazioni a largo raggio.
Anche esse hanno dato risultati degni di nota. In particolare la valle del Campitello che, nonostante fosse già stata esplorata diverse volte, si è rivelata ancora ricca di sorprese decisamente spettacolari e degne di nota, con colonie molto estese di Rosa spinosissima, Dyanthus barbatus, Paeonia officinalis e Rosa pendulina.
Sono state rinvenute inoltre Seseli peucedanoides, Tanacetum corimbosum subsp. achillea Thalictrum foetidum subsp. foetidum, Thlasphi brachypetalum e Asplenium viride su tutte le rupi e macereti del Campitello.
Confermata la presenza di Veronica aphylla, Valeriana saliunca e Saxifraga caesia, tutte in zona rupestre nella valle del Campitello e a Vena Stellante.
Ovviamente anche sull’altopiano si sono concentrate le ricerche, sia per approfondire la conoscenza su quelle esistenti, sia alla scoperta di nuove specie, che non si sono fatte attendere .
Ne riportiamo solo alcune fra quelle di maggiore interesse rinvenute all’interno del bacino lacustre.
Allium oleraceum subsp oleraceum, Barbarea intermedia, determinata durante il raduno, Eleocharis uniglumis subsp. uniglumis, Eleocharis quinqueflora, Erysimum majellense, anche questa determinata durante il raduno, Hieracium jurassicum subsp.subperfoliatum, Orchis militaris (una bella colonia con varie appendici nella stessa zona, composta da oltre 150 esemplari in buone condizioni vegetative, in fase espansiva; nella stessa colonia, vi sono esemplari ibridati apparentemente con Orchis purpurea ed Orchis sambucina, con le quali convive.) Poa molineri, Potamogeton natans, Rosa montana, Rosa subcanina, Rumex patientia subsp patientia, Sagina subulata, Salix amplexicaulis, Stachys recta subsp. grandiflora, Hypericum hyssopifolium. Durante il raduno è stata anche trovata, nei pressi del lago nivale, una nuova ed estesa colonia di Ophioglossum vulgatum.
Attualmente, abbiamo buoni motivi per ritenere che nel bacino lacustre dell’altopiano, vegetino oltre 500 specie delle quali, molte endemiche e molte altre rare o rarissime. Rimarchiamo ancora che una di esse è di interesse prioritario (Klasea lycopifolia), una è unica sull’Appennino (Artemisia atrata) e una è unica in Italia e rara in Europa (Sedum nevadense).

La Checklist della flora di Lucoli conta adesso 1117 entità che, considerando il territorio prevalentemente montuoso e le pochissime zone umide non sono poche e rappresentano, approssimativamente, circa il 90% di tutte quelle presenti sul territorio.

Ringraziamo quanti hanno collaborato con noi alla divulgazione, alla scoperta e alla determinazione di alcune di queste specie ed alla salvaguardia di questo patrimonio unico ed inestimabile

 

 

Considerazioni sul libro "Ricostruzione di territori"                                                         ottobre 2011

AREA OMOGENEA DELLA NEVE

Il ruolo del Comune di Lucoli

Questa lettera vuole presentare alcune considerazioni in merito al volume “RICOSTRUZIONE di TERRITORI” scritto dall’Università la Sapienza di Roma, facoltà di Architettura,  ed i cui testi sono stati prodotti dalle professoresse Lucina Caravaggi e Cristina Imbroglini. (Edizioni Alinea Editrice–Firenze).

Il testo costituisce una relazione del lavoro di collaborazione tra Università Facoltà di Architettura della Sapienza e alcuni Comuni del cratere aquilano che si sono aggregati nell’area omogenea della neve per coordinare gli interventi di ricostruzione. (parliamo dei comuni di Ovindoli, Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio e Lucoli)

Chi scrive è interessato a focalizzare l’attenzione su alcuni contenuti e proposte dello studio definite “immagini di futuro”, che a nostro avviso sono poco concrete e discutibili nell’ottica dei principi della “Convenzione del paesaggio” soprattutto per quanto riguarda la piana di Campo Felice.

Considerazioni di carattere generale

Tale pubblicazione, che si propone di ri-disegnare lo sviluppo futuro dell’area definita “omogenea”, viene descritta come il risultato di un lavoro svolto con le Amministrazioni e tecnici dei Comuni dell’Area Omogenea della Neve, che nel testo vengono riportati come parte attiva e fattiva del gruppo di lavoro.

La metodologia di lavoro sulla quale i ricercatori (anche giovani laureandi) si sono basati viene descritta in primis come centrata sul dialogo con i soggetti locali per consentire la valorizzazione di punti di vista interni al contesto: gli studenti hanno redatto un catalogo di indicatori tematici contenenti le attese del territorio. Il secondo paradigma tecnico adottato sarebbe stato quello della verifica pragmatica delle ipotesi proposte realizzando delle simulazioni per comprenderne la fattibilità.

Emerge dalla premessa metodologica del lavoro della Sapienza la volontà di “superare i conflitti degli ultimi decenni tra legittime esigenze di conservazione dei sistemi naturali e altrettanto legittime spinte alla trasformazione e all’uso compatibili.

Le linee strategiche ipotizzate nello studio sono infine, legate al principio della “intercomunalità”, quindi ad azioni condivise di ripianificazione dei territori con riferimento agli spazi naturali, allo sviluppo economico, all’industria turistica, al sistema dei trasporti.

Ultimo atto di questo primo indirizzo strategico costituito dalla pubblicazione sarà il capitolato tecnico per il processo di ricostruzione dei territori urbani che darà l’avvio ai piani di ricostruzione.

Da un attento esame del testo si ritiene che lo studio sia stato prodotto in tempi affrettati, senza la necessaria validazione dei docenti universitari e delle comunità locali, in particolare per il Comune di Lucoli. Un esame approfondito della situazione strutturale post sisma del patrimonio abitativo non avrebbe potuto condurre a formulare la proposta di sviluppo denominata “albergo diffuso”.

Questo indirizzo strategico, non certo innovativo, previsto per Lucoli contraddice in modo eclatante i presupposti metodologici enunciati nel piano, forse più per ritualità accademica che per reale applicazione, infatti, è azzardato proporre ad un territorio che ha il 61% degli immobili inagibili ed il 19% parzialmente inagibili uno sviluppo turistico centrato sull’accoglienza e sulla ricettività.

Lucoli deve partire dall’ultimo atto del lavoro universitario ancora non pienamente prodotto: cioè “dai capitolati tecnici di ricostruzione”.

I suoi bisogni sono diversi da quelli degli altri Comuni e questa disparità non emerge dallo studio.

Di ricostruzione, nonostante il titolo dell’opera, si parla poco o niente; lo studio sembra voler superare, soltanto accennandoli in termini statistici, i danni provocati dal sisma del 2009 tanto è vero che nel testo non viene ipotizzato nessun progetto di riqualificazione urbanistica dei Comuni nel senso proprio del termine.

Il dopo terremoto - proposte del piano di sviluppo per il Territorio di Lucoli

Le proposte progettuali "riesumate" per Lucoli sono limitate alla valorizzazione delle "strade-paesaggio" ed alla realizzazione dell'"Albergo diffuso".

Analizzando le idee progetto riportate nella pubblicazione, il ruolo del territorio di Lucoli, inteso essenzialmente come ambiente naturale, risulta essere troppo marginale rispetto all’importanza che di fatto riveste;  è fondamentalmente ridotto ad una funzione di infrastruttura di passaggio per i flussi turistici di altri comuni.

Analizzando nello specifico il vecchio progetto del 1993 dell’”Albergo Diffuso” (lanciato su base Provinciale e mai pienamente implementato), si ricorda che lo studio della Sapienza, a pag. 85, riporta che il patrimonio abitativo di Lucoli e’ inagibile per il 61% e parzialmente inagibile per il 19%.

La linea di azione del suddetto progetto prevede la localizzazione delle strutture da adibire ad albergo diffuso nei centri storici in prossimità di luoghi simbolici della vita cittadina (chiese, piazze, ecc.).

Probabilmente gli studenti della Sapienza non hanno approfonditamente visitato i borghi del Colle, di Prata, di Collimento, di Casavecchia e non si sono resi conto di quanto lavoro sarà necessario per il solo aspetto del recupero edilizio degli stessi anche in un’ ottica di loro messa in sicurezza per futuri eventi sismici.

Nello studio sono inoltre riportate inesattezze sulle tematiche dell’ambiente. Ad esempio nel capitolo 3° centrato sui “Conflitti tra conservazione e trasformazione”  a pagina 68 si riportano notizie, non aggiornate, sui SIC e sui ZPS risalenti al 2003,(essi sono stati dal 2004 accorpati nel SIC 7110206\Velino Sirente.)

Nell’analisi e nei dati raccolti mancano i riferimenti alle ricchezze botaniche della porzione di area del Comune di Lucoli, e ad esempio a pag.174 ci si riferisce ad “ottanta specie di orchidee” quando quelle classificate nel nostro territorio sono trentotto.

L’incipit iniziale, stigmatizza la volontà delle Amministrazioni locali di superare l’annoso conflitto tra conservazione e trasformazione, tra legittime esigenze di tutela ecologica e altrettanto legittime istanze di miglioramento sociale ed economico di cui sono portavoce i Comuni. Potremmo argomentare a lungo su questa tesi e sui suoi significati. Dal punto di vista ambientale le argomentazioni riguardanti il territorio di Lucoli sono parziali, si esaminano i punti di vista del Parco Velino-Sirente, delle aziende agricole esistenti negli altri Comuni, ma poco ci si sofferma sulle ricchezze ambientali della piana di Campo Felice e sulle sue attrattive turistiche: è possibile che non ci sia alcuna proposta di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio ambientale?  E’ possibile che non ci sia nessuna proposta per il Monte Cefalone, la Valle del Puzzillo, la Valle di Morretano, la Vena Stellante, il Campitello, Sett’acque, la Valle Maggiore e la Valle del Rio?

Eppure la piana di Campo Felice, che è lunga circa 7 km, costituisce una vera rarità geologica.

Infine, esaminiamo nello specifico il progetto “Strada paesaggio della memoria una tra le iniziative enunciate per lo sviluppo ed anche sviluppate in una prima idea di layout proposto nello studio.

L’obiettivo del progetto viene descritto in modo confuso, congiungendo la memoria delle tradizioni, anche economiche locali, a quella del sisma del 2009.

Il percorso ideato dalla Sapienza e definito “Strada paesaggio della memoria”, che dovrebbe costituire un’attrattiva turistica ed una proposta per il territorio, dovrebbe svilupparsi ai margini di un’area ad alta frequentazione: la strada di collegamento tra Casamaina e Campo Felice.

Il progetto della “strada percorso della memoria” va assolutamente al di là di quanto stabilito dalla “Convenzione Europea del Paesaggio”, già citata nella pubblicazione della Sapienza, per la quale “ il territorio va rispettato per come è percepito dalle popolazioni ed il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, esso è la “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale, nonché fondamento della loro idendità.

La proposta della facoltà di Architettura della Sapienza di voler integrare il ricordo del terremoto al paesaggio attraverso un “percorso che segue ondulazioni….l’installazione di 308 giunchi in fibra di carbonio fotosensibili al movimento e che reagiscono in modo diverso alle condizioni di luce del contesto” non è coniugata con una “convenzione del paesaggio del territorio” di Campo Felice.

Il territorio di Lucoli, caratterizzato da elementi naturali quali il legno, la pietra, la natura, male si coniugherebbe con i “giunchi di fibra di carbonio” che risulterebbero un’opera di tipo artistico-culturale e di tendenza estranea al paesaggio vissuto dalla collettività. Non credo che ci siano stati dialogo e condivisione del “bisogno” di questo progetto, nella sua realizzazione tecnica, con la popolazione locale.

Non è la prima volta che assistiamo alla nascita di progetti, cospicuamente finanziati, sull’altipiano di Campo Felice, purtroppo concepiti solo nell’ottica di interessi privatistici e al di fuori di una convenzione di Piano di Area, assolutamente necessario.

Molte sono state nel tempo le realizzazioni “creative”, dallo Sky Drome al “ponte dove non passa l’acqua”, dai parcheggi, alle rimesse, opere non utilizzate e distoniche con l’ambiente circostante, che purtroppo hanno violato e deturpato.

Le enunciazioni strategiche proposte nello studio sono a mio avviso inadeguate e temporalmente inopportune per il nostro territorio.

Al Comune di Lucoli, che secondo quanto riportato dalla Sapienza ha collaborato alla redazione dello studio e ne ha cofinanziato la pubblicazione, chiedo azioni concrete, condivise con la popolazione,  sulla ricostruzione, sulla riqualificazione urbanistica delle Frazioni e strategie di pianificazione, comunicazione e promozione del territorio fissandosi sulla categoria della “sostenibilità”.

Si chiede in modo deciso di vincolare il territorio comunale, secondo i canoni di un Piano di Area che salvaguardi le ricchezze naturali esistenti che purtroppo non sono riproducibili.

All’Amministrazione di Lucoli chiedo di rappresentare agli interlocutori dell’Area omogenea della neve e alla Facoltà di Architettura della Sapienza di Roma, le discrepanze e le condizioni di “MINOR VANTAGGIO” strategico che si desumono dallo studio, fissando alcuni vincoli di azione e legati al principio dell’”intercomunalità” che potrebbero ledere gli interessi ambientali ed economici del territorio.

Rossano Soldati

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Il genere “Rosa” sul nostro territorio                                                                                settembre 2011

Accade spesso che tanti di noi, affascinati dalla bellezza, dal profumo, dalla delicatezza dalla gamma dei colori e dal romanticismo, pensano di cimentarsi nel capire, qualche cosa di più sulle rose.
Non fatevi troppe illusioni, è un lavoro molto faticoso, un percorso intricato non solo a causa delle spine. Dopo i
primi tentativi viene voglia di lasciare il compito a chi ne sa più di noi. Ci sono studiosi che hanno dedicato una vita alla loro conoscenza e mai hanno sciolto tanti dubbi.

Sono molti i caratteri di cui bisogna tenere conto per la determinazione.
Il colore dei petali, il portamento (alto, basso, strisciante, lianoso), se ci sono spine e la loro forma, il tipo
di peli se ce ne sono, la forma dei cinorrodi… e poi si entra nei caratteri più numerosi e complessi riservati a chi vuole impegnarsi seriamente.

Raramente è capitato di trovare specie che rispondono a tutti i requisiti descrittivi. Quasi sempre, la determinazione risponde a caratteri di base o alla prevalenza in percentuale di essi a causa della facilità di ibridazione che intercorre fra le varie specie. Ci sono studiosi i quali affermano che le specie esistenti siano molte di più e con molte sottospecie. A noi piace pensare che esse vadano raggruppate per grandi linee. Il resto è materia da specialisti e ne prendiamo atto.

Abbiamo iniziato da un paio di anni a decifrare le specie presenti sul territorio. Ne abbiamo determinate una dozzina, anche con l’aiuto di esperti, e sicuramente ne abbiamo altre ancora da scoprire.

Normalmente, si definiscono tutte le rose selvatiche come “Rosa canina”. In realtà essa è un genere al quale appartengono attualmente oltre 20 specie.

Sul territorio di Lucoli, la Rosa canina vera e propria è comune ma sporadica e raramente forma popolamenti densi e continui. La troviamo diffusa fino a 1800 m in qualsiasi ambiente, si adatta al sotto bosco, ambienti luminosi, aridi o umidi.

La più diffusa , con concentramenti ampi tra i 1000 e i 1600 m e sporadica oltre i 2000 m, potrebbe essere invece la Rosa tomentosa. E’ comune nella dorsale centrale del Rio da Pestio Cancelli a Campo Felice, Casamaina, Munito.

La Rosa subcollina la troviamo preferibilmente a quote più basse fino a 1600 m e condivide l’habitat con R. tormentosa.

La Rosa squarrosa, è mista alle due precedenti, comune, con una diffusione di poco superiore alla Rosa Canina.

La Rosa pendulina è comune da 1200 m. a 2200 negli habitat tipici della specie. Terreni freschi, fertili, radure o sottobosco. Ha un colore rosso acceso fino al rosato e a volte forma tappezzamenti molto estesi come nei boschi della Portella, Torricella, Morretano.

La Rosa montana è da considerare poco comune. La troviamo oltre i 1500 metri fino alle massime quote, nelle zone dell’altipiano, Vena Stellante, Torricella e tutte le vette principali, riconoscibile per il colore dei vecchi fusti glauchi e poco ramosi.

La Rosa nitidula la riconosciamo macroscopicamente per il colore verde lucido delle foglie ed il portamento modesto dell’arbusto. Presente solo sulla fascia Sud da Lucoli Alto a Casamaina fino a 1500 m. Possiamo definirla poco comune e sporadica.

Della Rosa subcanina ne sono stati riscontrati solo pochi esemplari nella zona dell’Arco e al Campitello; da considerare rarissima. E’ facilmente confondibile con Rosa canina.

La Rosa spinosissima è una bella rosa tappezzante, considerata rara fino all’estate scorsa; è presente alla Portella, sull’Orsello e al Campitello dove ultimamente sono state trovate colonie molto estese su pendii molto impervi. Convive con Rosa pendulina in estensioni spettacolari fino a 2000 m

La Rosa dumalis è da considerare poco comune ed è ancora da verificarne la diffusione. Presente interno ai 1500 /1600 m. a Prato Capito, Morretano e forse lungo la valle di Casamaina. Presenta cinorrodi sferici e grandi e un portamento imponente.

La Rosa arvensis è diffusa nelle boscaglie dove si riscontra anche con portamento lianoso. Belle colonie sono presenti nel bosco esposizione Nord di Prata. Osservata fino a 1100 metri

La Rosa corymbifera è diffusa tra i 1000 e i 1500 m. Comune nella valle del Rio da Pestio Cancelli a Casamaina.

Vengono segnalati inoltre due ibridi degni di rilievo. Il primo potremmo definirlo all’80% R. pendulina ibridato con R. montana immerso in una colonia estesa di R. pendulina con cinorrodi allungati a peli densi e ghiandolari. Per il resto coincide con R. pendulina.

Il secondo ibrido potrebbe risultare sempre un incrocio al 60 /70 % con R. pendulina e forse R. montana; presenta fusti giovani e vecchi privi di spine, con l’unico accenno di spine sulla nervatura centrale di alcune foglie dove le spine sono modificate in peli ghiandolari robusti. Il cinorrodo è sempre a forma di banana come nella R. pendulina, allungato a peluria ghiandolosa intensa, il colore dei petali è simile a R. pendulina. Il portamento è stolonifero accentuato 50 / 60 cm fino ad 1 metro cespuglioso nel caso di un esemplare. Sono note solo tre colonie nella stessa zona; brecciai del Velino , Puzzillo e Sebastiani sulla salita di Pezza. Questo ibrido, è da considerarsi stabile in quanto le colonie sono nettamente separate, in habitat diversi, sporadico, ma diffuso sul territorio.
La colonia del Brecciaio potrebbe essere la più vecchia. E presenta apparentemente una differenza rispetto ai popolamenti di R. pendulina essendo più rada, con fusti quasi isolati alti 30 / 50 cm. I semi riproducono esemplari simili alla pianta madre.
Sono in coltivazione presso il vivaio del giardino botanico.

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 GaiaNews.it  Abruzzo, ancora ferite inferte alla regione verde d’Europa. Intervista a Fabio Conti - Luglio 2011


Una nuova ferita a Campo Felice - Iniziati  i lavori per la costruzione della galleria e della nuova strada -                                                                                                                                  Ottobre 2010

L’uomo, invece di capire che è sottoposto alle stesse leggi applicate agli altri mammiferi e che ha bisogno di aria per respirare, di acqua per bere e di cibo per mangiare, si è autoproclamato il migliore del creato e ha realizzato delle trasgressioni dimenticando la sua vera vocazione che dovrebbe essere quella di preservare la vita. L’uomo, dotato della ragione, della coscienza e del libero arbitrio ha l’obbligo di vigilare sulla vita intera: ha il dover di ammirare e amare piuttosto che distruggere”. (Pierre Rabhi)

Con grande rammarico, le ultime notizie che riguardano il nostro territorio, non sono affatto positive. Quello che si temeva da qualche anno e che abbiamo sempre con forza denunciato come un pericolo incombente su Campo Felice, si sta realizzando.
Secondo gli ultimi frenetici aggiornamenti, verrà realizzata una grande strada sulla vecchia traccia che costeggia monte Cefalone dall’uscita della galleria sotto gli impianti, fino al bivio Lucoli\ Roma..
Secondo quanto indicato da molti diretti interessati (i sindaci dei paesi dell’Appennino Abruzzese interessati) verrà contemporaneamente smantellata quella esistente che già taglia la piana.
Secondo noi, conoscendo il sistema operativo italiano, e consapevoli di essere in ”zona depressa” quella nuova avrà un devastante impatto ambientale, e quella vecchia, difficilmente verrà smantellata, se lo sarà, dobbiamo conoscere i dettagli del progetto esecutivo dell’ANAS, i finanziamenti disponibili ed i tempi e, comunque, avrà un fortissimo impatto anche questa operazione .
Per rimarginare la ferita, saranno necessari almeno 50 anni ma ripetiamo che questa è la migliore delle ipotesi.
Non sappiamo quale mente perversa guida questo scempio irrefrenabile che sistematicamente si abbatte su uno degli altipiani più belli d’Italia.
Certo è che anche il suo valore ambientale è altissimo. Essenze botaniche uniche in Italia o rarissime, innumerevoli endemismi, ed una ricchezza di specie ineguagliabile.
Scorrimenti acquiferi superficiali di estremo interesse in una torbiera dovuta all’antico lago che copriva l’altipiano fino al 500. Un equilibrio assai precario ben descritto anche da geologi illustri ed enti di ricerca ( ENEA 2004 rapporto su Campo Felice, laghi temporanei, faglie attive ecc).
La nuova strada, già ampiamente tracciata come una ferita aperta sul territorio, attraversa il cuore di questo paradiso geo\botanico oltre che paesaggistico.
Esattamente in questa zona, vivono ancora il gatto selvatico, la martora, il tritone crestato, il lupo, la vipera orsini, l’aquila reale e volendo potremo indicarne molte altre di specie.

Ci chiediamo se queste cose, interessano il Parco Sirente Velino? Che in un comunicato stampa si è presentato come “vigilante” dei lavori. Il Commissario del Parco ha considerato il passaggio per mesi di ruspe e mezzi pesanti. Ma forse la risposta vera è che; il Parco finisce a ridosso della galleria. E poi? Chi tutela e controlla il resto del territorio e dell’Altipiano?
Ci piacerebbe visionare la valutazione di impatto ambientale da produrre per legge e capire se basta un laghetto artificiale per mitigare lo scempio in corso.

Quale Ente si occupa di vigilare sul territorio del comune di Lucoli? Il territorio di competenza del Parco finisce all’uscita della galleria. Il 90% dei lavori che verranno realizzati impatteranno su questo territorio.
Le Autorità Comunali di Lucoli, ufficialmente interpellate rispondono di non sapere nulla della possibile “variante” al progetto esecutivo dei lavori per la realizzazione del collegamento viario tra la piana di Campo Felice e l’Altopiano delle Rocche, n. 4487 del 14.01.2009, successivamente approvata e che modifica quanto già noto.
Ci rifiutiamo di credere che i nostri politici non sappiano nulla di questa vicenda.



Gli affari della Safab Spa l’impresa esecutrice dei lavori
(tratto dal sito della Legambiente di Rieti articolo del 28 febbraio 2010)

L’ingegner Luigi Masciotta è presidente della Safab Spa fin dai primi anni 90 e il fratello Ferdinando, membro dell’esclusivo Rotary-Club Campidoglio, ne è amministratore delegato; viceversa Ferdinando, dopo aver ereditato la carica da Luigi nel 2007, divenuto a sua volta vicepresidente, è presidente della Gesafin Spa socio unico e controllore Safab. Un sistema incrociato versione familiare che torna nelle società ad esse collegate. I due sono cresciuti nella Safab con le commesse che provengono da enti pubblici: consorzi di bonifica, città come Roma, Cagliari, Palermo; Enel ed Anas. Appalti Anas facilitati dal fatto che siedono ambedue nell’IGI: Istituto Grandi Infrastrutture, che ha un ruolo importante anche nel ponte sullo Stretto di Messina di cuiil presidente Anas Pietro Ciucci è gran promotore.
Il 28 dicembre 2009, trapela una notizia risalente a più di un mese prima: la Prefettura di Roma,ha ritirato il certificato antimafia alla Safab in seguito all’ispezione di Carabinieri e Guardia di Finanza del nucleo operativo aquilano (molto presumibilmente eseguita prima dell’inaugurazione dei lavori Galleria di Serralunga) disposta dalla Prefettura dell’Aquila. Gli atti sono stati trasmessi alla Procura dell’Aquila per ulteriori indagini e alla committente Anas per le misure da prendere nel cantiere a Rocca di Cambio. Il «Messaggero d’Abruzzo» titola in apertura: “Clan mafiosi nei lavori della galleria” e, in cronaca aquilana:“Due soci vicini a un clan mafioso”. Il 29 dicembre 2009 l’Anas precisa: «Siamo in attesa dell’interdittiva dalla Prefettura di Roma, che non lascia spazio interpretativo». In concomitanza all’Anas, il sindaco di Rocca di Cambio Antonio Pace rassicura urbis et orbis in un comunicato Ansa: «I lavori per la realizzazione della galleria Serralunga da parte della ditta Safab stanno continuando regolarmente nonostante la Prefettura di Roma abbia revocato il certificato antimafia per presunti rapporti con la mafia». E ancora: «Non sono preoccupato perché ho parlato con il responsabile dell’azienda il quale mi ha rassicurato sul positivo esito di questa licenza». In effetti, i lavori (ed i profitti) proseguono: appalti pubblici formalmente assoggettati alla normativa antimafia. Il cane a tre teste. Probabilmente l’esperienza, gli innumerevoli rapporti consolidati sul territorio con amministratori, prese ed amicizie politiche gli fanno commettere leggerezze: la Safab subappalta direttamente a Sandro Missuto, accusato d’essere prestanome del clan Emmanuello- Rinzivillo operante tra Gela e Caltanissetta.
Archiviato l’incidente estivo, la Safab continua il suo ruolo di collettore finale per grandi flussi di denaro e relazioni istituzionali-politiche sul territorio. Nel confinante Abruzzo c’è un altro appalto aggiudicato dall’Anas per un importo di quasi 25 milioni di euro sull’altopiano delle Rocche (Aq). Con una galleria dipoco più di un chilometro e un collegamento viario di circa km. 2.5, si dovrebbero collegare i due bacini sciistici di Campo Felice e Ovindoli e “potenziare le infrastrutture e il turismo da Roma” (circa m.30 di meno). Del progetto c’è traccia fin dall’86 nella nona legislatura con l’intervento del Dc Romeo Ricciuti. Progetto ripreso dal governo Berlusconi nel 2002 (sponsor Pietro Lunardi e Gianni Letta), tra gli interventi strategici di preminente interesse azionale della “Legge Obiettivo”, come ramo di chiusura tra l’asse autostradale A/24-A/25; cofinanziato dalla Regione Abruzzo. Precedenti nulla osta per la valutazione ed incidenza ambientale dal Parco regionale Velino-Sirente, territorio in cui ricadono i lavori, e il 24/12/2004 La Safab ha subappaltato direttamente a Sandro Missuto, accusato d’essere prestanome del clan Emmanuello-Rinzivillo operante tra Gela e Caltanissetta.
Il paradigma delle “grandi opere” Regione Abruzzo, da tempo inveterata “regione verde d’Europa”. Sul cartello lavori, nessuno ha notato curiose strisce adesive coprenti accanto la voce “Direttore tecnico”. Il direttore tecnico d’impresa è il primo interlocutore del direttore lavori, nonché responsabile della ditta appaltatrice. Poco prima dell’inaugurazione dell’inizio lavori della galleria compariva il nome di Luigi Masciotta, nonostante fosse impossibilitato a svolgerlo nei quasi tre mesi di arresti e, successivamente, con l’obbligo di firma. Una mano pudica ha coperto il suo nome, ma chissà se la Safab avrà delegato qualcun altro e passato documentazione ad Anas e regione: i lavori sono iniziati a marzo scorso e, dal 4 agosto (data dell’arresto del direttore tecnico), la committente Anas si è distratta.


Il cartello lavori che compare sull’altopiano di Campo Felice.


foto a sinistra, 18 settembre 2010, è tracciata solo la strada che esce dalla galleria. Foto a destra, 9 ottobre 2010, è tracciato anche il primo tratto della nuova strada.

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I risultati della ricerca floristica a Lucoli nel 2010                                                             Agosto 2010

Ora che la "stagione dei fiori" sta per finire è possibile fare un primo bilancio della ricerca floristica nel territorio di Lucoli nel 2010, anche in considerazione del raduno di ActaPlantarum di fine maggio.
Dopo un attento esame ed escludendo le specie dubbie e qualcuna ancora da determinare, nel corso della stagione sono state determinate 122 entità nuove per il territorio.
Un contributo determinate è stato dato proprio dal raduno tenutosi qui a Lucoli. Durante il raduno e nei giorni immediatamente precedenti ne sono state determinate quasi la metà, precisamente 60

Delle 122 entità
- 24 sono rare, almeno a livello regionale
- 12 sono inserite nelle Liste rosse regionali
- 7 sono endemiche

La Checklist della flora di Lucoli conta adesso 1050 entità che, considerando il territorio prevalentemente montuoso e le pochissime zone umide non sono poche e rappresentano, approssimativamente, circa l'80% di tutte quelle presenti sul territorio.



Nuove specie determinate nel 2010

Allium strictum
Alopecurus rendlei
Anagallis foemina
Anthoxantum odoratum subsp. nipponicum
Anthriscus sylvestris subsp. sylvestris
Arenaria serpyllifolia
Asplenium onopteris
Astragalus monspessulanus subsp. monspessulanus
Avenula praetutiana
Barbarea intermedia
Blackstonia perfoliata
Brachypodium rupestre
Brachypodium sylvaticum
Bromus commutatus
Bromus gr. erectus
Bromus sterilis
Bromus tectorum subsp. tectorum
Carex acutiformis
Carex divulsa
Carex flacca
Carex halleriana
Carex hirta
Carex macrolepis
Carex otrubae
Carex panicea
Carex gr. spicata
Centaurium pulchellum subsp. pulchellum
Cerastium glutinosum
Cerastium holosteoides
Cerastium pumilum
Cerastium semidecandrum
Chaerophyllum temulum
Clypeola jonthlaspi
Coronilla scorpioides
Cruciata glabra
Cynoglossum creticum
Cynosurus cristatus
Draba muralis
Eleocharis uniglumis subsp. uniglumis
Equisetum palustre
Erysimum majellense
Festuca heterophylla
Festuca rubra
Filago germanica
Fumaria agraria
Galeopsis pubescens subsp. pubescens
Glyceria notata
Hypericum hyssopifolium
Hypericum montanum
Inula spiraeifolia
Juncus bufonius
Koeleria pyramidata
Legousia hybrida
Lens nigricans
Linum alpinum
Luzula campestris
Luzula spicata
Malus fiorentina
Medicago arabica
Medicago minima
Melampyrum arvense
Melica uniflora
Melilotus indicus
Melilotus neapolitanus
Mercurialis ovata
Mercurialis perennis
Minuartia glomerata subsp. trichocalycina
Minuartia hybrida
Myosotis ambigens
Myosotis ramosissima
Myrrhoides nodosa
Nepeta cataria
Onobrychis alba subsp. alba
Ophrys fusca
Orlaya grandiflora
Phleum alpinum
Phleum phleoides subsp. phleoides
Pisum sativum
Plantago argentea subsp. argentea
Poa alpina subsp. alpina
Poa annua
Poa molinerii
Poa nemoralis
Poa trivialis
Polypodium interjectum
Polystichum setiferum
Potamogeton natans
Potentilla crantzii
Potentilla rigoana
Prunus cerasifera
Pyrola minor
Ranunculus circinatus
Ranunculus pollinensis
Ranunculus velutinus
Rosa corymbifera
Rosa montana
Rosa nitidula
Rosa sempervirens
Rosa squarrosa
Rosa tomentosa
Rubia tinctorum
Rumex conglomeratus
Rumex obtusifolius
Sagina subulata
Salvia verbenaca
Sanicula europaea
Scorzonera laciniata
Scrophularia nodosa
Sempervivum tectorum
Senecio ovatus subsp. stabianus
Thalictrum foetidum subsp. foetidum
Thlaspi brachypetalum
Trifolium angustifolium subsp. angustifolium
Trifolium ochroleucum
Trifolium squarrosum
Verbascum lychnitis
Veronica arvensis
Veronica praecox
Vicia bithynica
Vicia hirsuta
Vicia peregrina
Vulpia myuros

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Raduno a Lucoli dei partecipanti al Forum Acta plantarumLogo ActaPlantarum                                                Maggio 2010

 

Si è tenuto a Lucoli alla fine di maggio il raduno dei partecipanti al Forum Acta plantarum, il forum della Flora delle regioni italiane

 Le foto del raduno

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Trovata una specie nuova per l'Italia a Campo Felice                                                        Marzo 2010

 La Piana di Campo Felice ancora una volta dimostra di essere un vero paradiso per i botanici.

La scorsa estate è stato rinvenuto nella zona umida sotto il M. Cefalone una specie nuova per l'Italia: si tratta del Sedum nevadense Guss., appartenente alla Famiglia delle Crassulaceae. L'articolo completo su Flora Mediterranea lo puoi leggere qui

Sedum_nevadenseSedum_nevadense

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